Testimonianze e riflessioni dalla conferenza “Chiesa e comunità LGBTQ+” tenutasi alla MCLI di Berna
“Il Signore si diverte a scombinare le carte” affermava Giovanni all’assemblea dei soci della Tenda di Gionata, cercando di esprimere con un sorriso il profondo sconvolgimento e la sofferenza che invece travolge una famiglia cattolica quando scopre l’omosessualità del figlio. Tutto viene messo in discussione: il cammino che hai fatto fino ad allora, le relazioni in casa e fuori, anche la tua fede e l’appartenenza alla Chiesa. È un momento in cui non sai cosa fare e allora, non senza fatica, cerchi di fidarti di Dio e di mettere la tua vita nelle sue mani. È Lui che ti ha dato tuo figlio e te lo ha dato così, questo il suo progetto sulla tua vita.
In un momento del genere acquistano un nuovo significato le parole che Gesù pronuncia nel vangelo di Matteo: “Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà” (Mt 10,39). C’è un perdere ed un trovare e per trovare devi accettare di perdere anche se sembra una follia. Perdi le tue sicurezze, il cammino tracciato con chiarezza dalle norme della Chiesa, ma per trovare cosa? Ti senti come il naufrago, non riesci ad abbandonare la nave che affonda, ma ti rendi conto che è l’unico modo per salvarti, devi saper andare oltre abbracciando il rischio di vivere. E Dio sa ricompensare ogni atto di fede, ogni atto di apertura.
Noi lo abbiamo sperimentato e la scialuppa di salvataggio che ci ha mandato è stato l’incontro con gli altri genitori di figli LGBT grazie all’associazione 3Volte- Genitori che ci ha permesso di riscoprire il senso di comunità. Solo accogliere genera vita e futuro. Papa Francesco dice che la Chiesa ha bisogno di profeti, di persone che sappiano anticipare il cambiamento. Mai come in questo momento in cui dalla Chiesa arrivano tanti segnali di chiusura, sentiamo che quello della profezia è il nostro compito. Una Chiesa in cui si passa dal paradigma del peccato a quello del cammino, dal paradigma della legge a quello della persona. Una Chiesa che non attende, ma va incontro, che sa curare le ferite e riscaldare i cuori, che sa piangere ed accarezzare invece di rinchiudersi nelle norme. Una Chiesa autorevole, non per la dottrina, ma per la misericordia.” – Mara Grassi
Verso una pastorale dell’Incontro
La più antica condanna della Chiesa contro le relazioni omosessuali risale al sinodo di Elvira (300-303). Da allora, la voce del Magistero ha sempre mantenuto con coerenza la stessa posizione, talvolta con punte di grande asprezza, e ha spesso ottenuto il sostegno delle autorità civili.
Il Catechismo di Pio X (1910) annoverava il «peccato impuro contro natura» tra i peccata clamantia, cioè quelli che gridano vendetta al cospetto di Dio, contaminano l’intera comunità e per questo sarebbero meritevoli di castighi gravi ed immediati. Tale severità è stata mitigata nei documenti successivi al Concilio Vaticano II. L’enciclica di Paolo VI Humanae Vitae (1968) stabilisce che la sessualità umana, solo fra uomo e donna, deve avere due finalità indissolubili, quella procreativa e quella unitiva. Da questa affermazione deriva la condanna delle relazioni omosessuali in diversi documenti, in cui si chiarisce che le persone omosessuali possiedono, come esseri umani e come figli di dio, una dignità inalienabile e per questo vanno accolte con rispetto; che l’orientamento omosessuale non rappresenta di per sé una colpa, ma che gli atti/le relazioni omosessuali costituiscono gravi trasgressioni della legge morale, poiché negherebbero la differenza sessuale e quindi il fine procreativo della sessualità umana. A questo documento si possono muovere diverse critiche, una fra tutte il fatto di proporre una “accoglienza mutilitata” delle persone omosessuali, che non scelgono il loro orientamento e che, per vivere nella Chiesa, sarebbero privati del diritto a vivere una relazione in pienezza. Papa Francesco, pur in continuità con i suoi predecessori, ha affermato in Evangelii Gaudium (2013) che la realtà è superiore all’idea (§231-233), cioè che la persona è superiore alla legge. E in Amoris laetitia (2016) emerge l’idea che la bontà morale riposa nelle scelte della coscienza, che solo Dio vede; la Grazia è lì dove c’è un percorso verso il bene, che la Chiesa deve riconoscere ed accompagnare.
Cercare il Suo volto
Vengono chiamati «testi del massacro» i (pochi) passi biblici usati per giustificare la condanna dei rapporti omosessuali.
Numerosi studi esegetici (anche cattolici) respingono ormai con coerenza ogni fondamentalismo, applicano il metodo storico-critico, rifiutano ogni distorsione violenta e interpretano questi testi in un modo non ostile all’orientamento omosessuale. Il caso più eclatante è quello della Pontificia Commissione Biblica che, in un saggio del 2019, ha chiaramente collegato la storia di Sodoma ai temi dell’accoglienza o della violenza contro lo straniero. Anche riguardo gli altri testi (Lv 18.22 e 20.13; Rm 1.26-28; 1Cor 6.9-10; 1Tm 1.9-10) l’esegesi ha evidenziato che all’orizzonte biblico è ignota l’idea dell’omosessualità come condizione esistenziale profonda della persona che si orienta verso la ricerca di relazionirelazionid’amore; di volta in volta pesano, piuttosto, le esigenze della purità rituale e culturale, il disprezzo della dimensione corporea, il rifiuto dello sfruttamento e della schiavitù. Nelle lettere di Paolo, in particolare, spicca un atteggiamento verso la complessità umana che esorta a guardare alla realtà anche attraverso le risorse autonome del pensiero laico. Un sano dialogo con la Scrittura dovrebbe, se mai, evidenziare l’evoluzione interna della morale biblica, che muove verso un superamento dei tabù, verso l’accoglienza e l’inclusione, nel senso dell’amore e non della violenza, che non appartiene al Dio di Gesù Cristo. Lo dimostrano i Vangeli e, negli Atti degli apostoli, gli splendidi episodi dell’eunuco etiope (8.26-40) e del centurione Cornelio (10). Anche a proposito della questione omosessuale occorre «cercare il Suo volto».
Tra benedizione e riconciliazione
Negli ultimi 20 anni le persone omosessuali hanno raggiunto una visibilità sempre maggiore, fino all’introduzione dell’unione civile e del matrimonio civile. Tutto ciò ha portato anche la comunità ecclesiale ad accogliere sempre di più queste esperienze, soprattutto se coinvolgono persone che vivono e collaborano nelle parrocchie. Di fatto, c’è stata un’evoluzione dalla «cura spirituale per» alla «cura spirituale con» le persone omosessuali. La Chiesa si sente impegnata a cambiare il proprio approccio pastorale e a ripensare la dottrina: le persone omosessuali hanno le stesse esigenze morali; la Bibbia non conosceva l’idea di amore omosessuale come viene inteso oggi; disprezzare l’amore e la cura reciproca presenti nelle relazioni omosessuali significa violare il comandamento dell’amore.
Questa riflessione ha affiancato una pratica ecclesiale sempre più disponibile alla benedizione delle coppie omosessuali che intendono impegnarsi a vivere insieme, amandosi e sostenendosi a vicenda.
Questa svolta presuppone l’ascolto delle persone, ma anche una nuova visione della sessualità umana, in cui leggere in maniera più profonda i temi della diversità e della fecondità. La benedizione è una relazione «eucaristica» a tre dimensioni: da Dio agli esseri umani, dagli esseri umani a Dio; da un* partner all’altr*, per riconoscere la benedizione che l’altr* è per me; dalla coppia alla comunità e viceversa, come segno di accoglienza e sostegno. La Chiesa non ha il potere di impedire il flusso della Grazia, ma il dovere di renderlo visibile.
Per la Chiesa, le singole persone possono essere benedette solo a patto di aderire alla dottrina ufficiale. Sembra, quindi, che l’interesse principale non siano le persone e la loro coscienza, ma la coerenza e il potere della Chiesa come istituzione autoreferenziale che non deve contraddirsi. Diversi ordini religiosi, teologi, vescovi, sacerdoti, comunità si sono opposti a questa Chiesa autoreferenziale, misericordiosa solo in apparenza. Umiliate e offese per secoli, le persone LGBT hanno bisogno di accoglienza e protezione; la Chiesa Cattolica Romana invece di riconciliazione, cioè di chiedere e ricevere perdono. Dio non può non benedire l’amore e i progetti che nascono dall’amore: Gesù stesso indicava nel Vangelo il germe spirituale di relazioni nuove che superavano i modelli rigidi della famiglia tradizionale (Mt 12,48-50).
Credere nell’Amore
Nel 2018 mio marito e io abbiamo partecipato al Forum dei cristiani LGBT. Abbiamo parlato della nostra storia e della nostra unione civile in uno dei workshop, dove c’era anche un anziano sacerdote di lunga esperienza. Alla fine della nostra testimonianza, don G. si è lasciato sfuggire un’esclamazione: «ma così… è un matrimonio!». Le sue parole nascevano, credo, dal fatto di avere capito che il nostro amore di coppia omosessuale intendeva diventare un progetto per prenderci cura fedelmente l’uno dell’altro. E che di questa alleanza solo noi due potevamo essere ritenuti responsabili. Nessuna autorità umana ha potuto impedire alle nostre coscienze di credere in questo amore e di prendere questo impegno. Solo noi due siamo i custodi e i ministri di un patto per il quale, il giorno dell’unione, abbiamo invocato la presenza e l’aiuto amorevole di Dio, anche attraverso l’intercessione di Maria.
Antonio De Caro
Per saperne di più:
Articolo pubblicato sul mensile insieme di maggio-giugno 2022.