2022 04 sinodoÈ da poco finita la S. Messa domenicale a Bümpliz. Da qualche settimana si può anche andare a bere un caffè, preparato a turno dai vari gruppi della Parrocchia, tra cui anche il nostro. Decido di fermarmi anche io, per salutare le persone e condividere con loro un po’ di tempo. Non ho fretta…almeno questa domenica. Attorno ai tavoli piccoli gruppetti in amicizia e familiarità si raccontano della vita.

Decido di fare un giro per salutarli tutti e mi accorgo che attorno ad un tavolo non si beve solo un caffè, ma si sta ascoltando una sintesi dei risultati del cammino sinodale preparata dal moderatore del gruppo. Wow! Mi sono detto. Questo è bellissimo. Un gruppo che non solo si è reso disponibile a rispondere alle domande, ma che ora continua la riflessione e il dialogo cercando di capire cosa è emerso anche dagli altri gruppi! Quanto sarebbe bello che tutti coloro che si sono ritrovati per rispondere alle domande si incontrino nuovamente per riflettere sulla sintesi della fase diocesana!

I risultati del sinodo

In effetti, si è conclusa questa prima fase del cammino sinodale. Col motto: “Per una Chiesa sinodale. Comunione, partecipazione, missione”, tutte le comunità di fede della nostra diocesi di Basilea si sono ritrovate a riflettere, a condividere esperienze di vita e desideri per una Chiesa in cammino, guidate da 10 temi, e ora la commissione centrale ha presentato una sintesi delle risposte giunte. Si sono costituiti 800 gruppi di riflessione, per un totale di 5399 persone. Di queste 3202 erano donne e 2197 uomini.

Da una lettura trasversale dei risultati emerge che il popolo di Dio chiede che la Chiesa sia più aperta, sensibile e attenta a tutte le persone, a prescindere dal loro status di vita. È il battesimo a renderci parte della Chiesa, e a definirne l’appartenenza. La Chiesa dev’essere un luogo dove fare esperienza di fede e di comunità. Varie volte viene sottolineato uno scollamento tra la conoscenza diretta della vita della gente, che avviene “alla base”, cioè nelle realtà locali, e ciò che la gerarchia della Chiesa pensa, sente e decide.

I gruppi chiedono che la Chiesa assuma un linguaggio inclusivo e sia aperta a tutti. Che ognuno venga preso in considerazione e venga ascoltato, senza differenze di sesso (o di tendenza sessuale) né di status sociale. In particolare, si chiede che la Chiesa sia attenta e aperta ai giovani, alle donne, alla comunità LGBTQ+, ai divorziati e ai risposati. La Chiesa, dunque, non deve escludere nessuno, ma deve costruire ponti con tutti. Per questo, le viene chiesto un approccio “pro-attivo”, cioè di conoscere e di valorizzare tutte le esperienze di vita dei fedeli.

Molti hanno chiesto che venga curata la liturgia, e il linguaggio liturgico venga reso più accessibile alla comprensione di tutti. L’adorazione, la S. Messa e gli altri momenti liturgici sono importanti nella vita di un fedele e di una comunità. Servono più persone, laiche e consacrate, che siano preparate per la gestione e animazione delle liturgie.

Un altro punto che torna spesso nella sintesi è la richiesta che la Chiesa cambi le condizioni di accesso al sacerdozio, in modo da renderlo accessibile anche alle donne, e di rivedere l’obbligo di celibato per i preti. La credibilità della Chiesa è venuta meno a causa degli scandali sessuali sui minori, ma la missione della Chiesa non viene frenata né viene meno l’impegno di tanti uomini e donne per l’annuncio del vangelo.

Il dialogo a tutti i livelli è un punto centrale dei contributi sinodali. Il popolo di Dio chiede che la gerarchia della Chiesa dia spazio a tutte le voci, che non venga negata la parola su nessun tema e che vengano ascoltate – senza imporre tabù – tutte le sensibilità e opinioni. Particolarmente richiesto è un dialogo costante con la società civile e con tutte le nuove forme di denominazioni cristiane. Si chiede, per esempio, che nel dialogo ecumenico vengano incluse anche le chiese anglicane, ortodosse e quelle libere, e che la loro esperienza di fede possa arricchire la nostra specificità. In concreto, tra le preoccupazioni del Sinodo c’è la richiesta che venga incoraggiata e facilitata la partecipazione all’Eucarestia anche dei cristiani non cattolici.

Un ultimo punto che torna spesso nella sintesi è il concetto stesso di “sinodo”, inteso come partecipazione ai processi decisionali (co-leadership). I fedeli affermano che lo Spirito Santo è promesso a tutti e ispira tutti. Con questa consapevolezza, viene chiesto che ci sia più trasparenza decisionale e che venga messo in pratica il principio di sussidiarietà, affinché tutti i laici, in particolare le donne, possano prendere parte alle decisioni della Chiesa a tutti i livelli.

Radici profonde per continuare a crescere

Personalmente credo che questa prima fase a livello diocesano abbia rispecchiato la cultura (sociale ed ecclesiale) in cui viviamo. C’è una continua tensione tra chi vuole una chiesa più liberale e chi la desidera più tradizionale. Tornano a galla i soliti temi su cui è difficile trovare un consenso. Chi chiede che la Chiesa adotti uno stile importato dalla società civile in cui viviamo (democrazia, sussidiarietà) e chi riconosce nella gerarchia non l’espressione del potere della Chiesa ma di una diversificazione dei ministeri e delle competenze.

Conoscendo la diversa sensibilità, cultura e approccio tra la Svizzera francese, tedesca e italiana, immagino che non sarà facile fare una sintesi a livello nazionale e presentare un documento unico come Conferenza Episcopale. Ancor più difficile sarà fare una sintesi a livello continentale e poi mondiale. Ogni realtà parte dal suo contesto socio-culturale ed ecclesiale.

Penso che papa Francesco sia stato ispirato dallo Spirito quando ha indetto questo sinodo a livello mondiale. La chiesa rischia di implodere per le divisioni interne o di spaccarsi in tanti rivoli dettati dalle diverse visioni locali e individuali.

Ognuno rischia di crearsi la sua chiesa e il suo gruppo, che poi diventa una setta.

Mi viene sempre in mente l’immagine dell’albero: se non ha sane e profonde radici non potrà crescere ed espandersi. Io sono convinto che la Chiesa non può reagire secondo le mode del momento, ma deve tenere fermi e stabili determinati valori. È questo il “successo” – passatemi il termine – che le permette ancora di esistere dopo oltre 2’000 anni! D’altro canto la missione della Chiesa è l’annuncio del Vangelo e questo non può essere un annuncio astratto e solo dogmatico.

Serve un dialogo capace – come nelle parabole di Gesù – di toccare il cuore delle persone, di ascoltarne il grido e la sofferenza, di coglierne i desideri di senso, le paure e le risorse, affinché ogni cercatrice e cercatore di Dio possa trovarlo e sentirlo vicino. Per fare tutto questo non ci serve una struttura tipo aziendale, né una Curia romana né una gerarchia.

Ci servono testimoni credibili del Vangelo. Il resto sono solo strumenti.

L’augurio che faccio alla nostra comunità è di continuare questo cammino sinodale. Invito i gruppi a riprendere quelle domande e a continuare lo scambio. Proviamo a farne uno stile comunitario di ascolto, partecipazione, comunione e missione. Forse non cambieremo la Chiesa intera, ma possiamo rendere più viva la nostra comunità di Berna.

Buon cammino

P. Antonio


Articolo pubblicato sul mensile insieme di aprile 2022.