Forse non è una notizia da prima pagina nei quotidiani europei, ma già da diversi giorni il Guatemala è in sciopero pacifico per difendere la democrazia. Ad agosto il popolo ha eletto un nuovo presidente che inizierà il suo mandato il 14 gennaio 2024. L’attuale governo però ha reagito con quello che viene qui definito “un tentativo di colpo di stato tecnico”; il popolo, ancora ferito da anni di guerra civile, ha immediatamente reagito scendendo in piazza e sulle strade e bloccando completamente l’economia del paese per costringere l’attuale governo a rinunciare alle azioni che sta compiendo e ritirarsi. È strano uscire dalla Casa del Migrante “Scalabrini” e vedere una capitale, che normalmente è sempre piena di gente e di mezzi di trasporto rumorosi, con negozi e mercati chiusi, le vie principali completamente bloccate e manifestazioni quotidiane davanti al Palazzo Nazionale e al Ministero Pubblico” e seguire i media e vedere che questo sta succedendo non solo in capitale, ma in tutto il paese…
I giorni scorsi stavo facendo servizio di accoglienza alla Casa del Migrante “Scalabrini”, suona il campanello, mi affaccio e vedo che si tratta di una famiglia venezuelana composta da madre, padre e tre figli. Considerando che non ci sono mezzi di trasporto pubblico attivi in questi giorni e che le principali vie di comunicazione sono bloccate ho chiesto loro come fossero riusciti ad arrivare in capitale nonostante tutti i posti di blocco creati dai manifestanti. La signora ha iniziato a raccontarmi che si sono spostati di paese in paese chiedendo passaggi e che quando trovavano le manifestazioni si univano alla marcia e camminavano con i cittadini guatemaltechi. La signora quasi commossa diceva: “Noi siamo dalla loro parte! Dicevo alle persone in marcia che dovevano tenere duro e continuare a lottare per la democrazia e per il loro paese per non diventare migranti come noi, per non essere costretti a lasciare la loro terra e scappare. Dicevo loro che sono ancora in tempo per salvare la loro patria e che devono mettercela tutta per riuscirci. Noi non l’abbiamo capito in tempo e abbiamo dovuto andarcene dal Venezuela: il Guatemala ce la può fare! Noi non abbiamo difeso il nostro paese quando ancora forse si poteva fare qualcosa, qui ci possono riuscire. I manifestanti ci hanno ringraziato per aver dato loro coraggio e ci hanno offerto anche qualcosa da mangiare”.
È stata per me un’occasione di riflessione: il 2023 si sta rivelando un anno in cui di mese in mese aumenta la quantità di persone migranti che attraversano il paese. Il report condiviso da OIM (Organizzazione Mondiale delle Migrazioni) conferma che tra aprile e settembre 2023 circa 105154 persone migranti in cammino verso gli Stati Uniti hanno attraversato il paese (circa il 17% sono bambini). Gli ultimi dati ufficiali dell’OIM riportano che nel solo mese di settembre ogni giorno in Guatemala entravano in media 2213 persone migranti- si parla di “crisi umanitaria”. Io credo che, incontrando questa famiglia, ho avuto la fortuna di incontrare alla porta della casa del migrante non solo la “crisi umanitaria”, ma l’umanità di una famiglia migrante che si è rivelata testimone credibile del fatto che la democrazia, la libertà e la giustizia non sono valori scontati ma che vanno difesi. Questa famiglia in quanto testimone è stata, per chi si è messo in ascolto, insegnamento, forza e stimolo in un paese straniero per lottare per il bene. Il fermarsi con i manifestanti, l’ascoltare, lo scoprire di condividere valori è diventato motivo di unione: che sia questa una delle chiavi che può aprire la porta alla comunione?
Elena Zamin, volontaria internazionale ASCS
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