Non è facile trovare nella vita quotidiana il giusto equilibrio tra sé stessi, il prossimo e Dio. Spesso facciamo gli equilibristi, cercando la giusta collocazione ed evitando gli estremi (es.: Amo troppo me stesso e trascuro il prossimo? Amo Dio che non vedo e mi dimentico del prossimo che vedo? Amo Dio e non amo me stesso?).
Spesso l’equilibrio nelle nostre relazioni è definito da obblighi: verso il proprio partner, verso i familiari, verso il datore di lavoro, verso lo Stato, verso Dio.
A guidarci sembra essere la legge del “devo”. In questo modo, cadiamo nella trappola di accondiscendere alle aspettative degli altri e, pertanto, dobbiamo comportarci in un certo modo se vogliamo essere riconosciuti, apprezzati, amati, valorizzati, stimati, ecc.
Gesù ha insegnato che l’amore, quello profondo, fatto con tutto se stessi, è la misura dell’essere umano. Serve una relazione nuova con sé stessi, fatta di stima profonda, di pace interiore, di sapere chi si è e chi si vuole essere. Da questo sano amore scaturisce l’amore verso il prossimo, colui che mi sta davanti, non colui che viene verso di me (forse per darmi qualcosa e per rispondere alle mie aspettative), perché per Gesù amare il prossimo è un “andare verso”, non un attendere. Sintesi di tutto ciò è la sana relazione con Dio, da amare con tutto se stessi, non in senso servilistico, ma di completezza. Chi crede che siamo fatti di divinità, non può trascurare la dimensione spirituale, il contatto col proprio spirito e con lo Spirito di Dio presente in noi. Sarà l’insieme di queste dimensioni a rivelarci chi siamo per davvero.
Un abbraccio
P. Antonio
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